Km zero: la salute ignorata dalle multinazionali
Assumere cibo a km zero conserva meglio la salute o aiuta a recuperla ed è un comportamento consapevole che rispetta l’ambiente. Gli alimenti a km zero sono quelli che non provengono dai siti industriali, ma dalle campagne vicine a chi mangia, come si usava una volta nella produzione del cibo. Quando un alimento è coltivato a km zero è più ricco di nutrimento e esente da tossine industriali necessarie per la conservazione, colorazione, correzione del gusto e per l’esaltazione di effetti sistemici. I dati sulla effettiva diffusione di cibo a km zero sono sconfortanti e altrettanto l’obiettivo salute implicato. Si osserva la dominanza di un superiore interesse a produrre una società di malati per poi poterli successivamente curare. Il gruppo di Colin Khoury dell’International Center for Tropical Agriculture americano ha descritto sulla rivista Proceedings of the Royal Society B. che in media in ogni paese del pianeta più di due terzi delle derrate alimentari usate e coltivate è originaria in realtà di altre aree geografiche, spesso molto lontane.
La ricerca si è occupata delle origini di 151 tipologie di cibo suddivise in 23 regioni geografiche, esaminando poi le statistiche nazionali e incrociando i dati. Sono stati monitorati 177 paesi del pianeta terra, corrispondenti al 98,5% della popolazione mondiale, stabilendo con precisione la provenienza esatta di ogni alimento. Lo studio ha fornito risultati scoraggianti per i cultori del km zero e della salute pubblica. I ricercatori hanno stabilito che in media , il 70% del cibo consumato in ogni nazione del pianeta è originaria di un’altra area geografica. La cifra è in costante aumento oltre ad evidenziare anche una drammatica omogeneizzazione delle diete a scapito della biodiversità e della salute. L’umanità si nutre dello stesso “mangime” industriale, suppergiù come avviene per il bestiame in allevamento.
Questi dati sono devastanti e dimostrano la completa assenza di buon senso nelle scelte di politica sanitaria. Tali scellerata condizione oltre che minare la salute è una minaccia perchè comporta cambiamenti climatici, la non sostenibilità del sistema e la fragilità nei confronti delle sfide per la sopravvivenza. La biodiversità regionale rappresenta una delle colonne per l’evoluzione delle specie e dunque è responsabile per la capacità di resistere alle avversità naturali. Il cibo proveniente da lontano e con patrimonio genetico brevettato da multinazionali non è favorevole alla salute, comporta costi sociali enormi e rappresenta un pericolo per la specie umana. Urge una presa di coscienza da parte dei consumatori. Nel nostro paese l’origine del cibo è indicata per Legge, fortuna non condivisa un tutte le parti del globo. Altrettanto fortunata nel nostro paese è la possibilità di scegliere il proprio cibo, condizione che consentirebbe di preferire il km zero o almeno quello proviente dalla propria nazione. Occorre imparare a leggere le etichette e evitare i prodotti che vengono da lontano, prodotti industrialmente e promossi tramite la pubblicità. La salute personale e del pianeta dovrebbe predominare sulla scelta.